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Lo chiamai Amore

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 Lo scorsi in un giorno di afa,

 traboccare dal lago scuro, dei tuoi occhi.

 Lo chiamai Amore.

 Dopo mi accorsi che era veramente il suo nome.

 

 Mi bastava possederne una goccia, solo una.

 Che fosse pura, trasparente.

 Come il rubino della tua bocca.

 Una coppa vermiglia mi dissetò.

 

Trangugiammo, insieme, a baci ardenti,

 una, cento, mille gocce d'amore.

 Sapevano di acqua cristallina e di vino fruttato.

 Profumavano di mare in tempesta e resina di pino.

 

 Nella magia della passione

 Intrecciammo i nostri fluidi

 con alghe marine e con nastri di nuvole.

 Ubriachi ci addormentammo,

 nel mezzo di boschi di larici e betulle.

 

 E continua la sua corsa il ruscello,

 nell'oceano dei giorni, ancora e ancora.

 Talora gonfio e d'acqua ricco.

 Talora filo minuscolo d'argento.

 Ed incessante erode la sua roccia

 e la trasforma in ciottoli sottili.

 

 E noi dal vento del tempo sospinti,

 nel lento e svelto fluire della vita,

 emigriamo in verdi praterie.

 Dove cogliere bacche rosse e girasoli

 ed in deserti infiniti dove per sopravvivere

 irrighiamo la siccità col nostro amore.

 

 Adesso in questa triste stagione

 dal sapore amaro come fiele.

 Attingiamo dolcezza da questo prodigioso calice,

 che ad ogni nostro tenero sguardo,  

 ad ogni nostra carezza, d'ambrosia si fa pieno.

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Bonifazi Daniela - 14/07/2013 10:15:00 [ leggi altri commenti di Bonifazi Daniela » ]

Amore che diventa dolcezza. Un passaggio quasi impercettibile, due condizioni auspicabili, divise da una linea di confine appena accennata. Quando il vero amore allieta una coppia e perdura contro le insidie del tempo e dell’abitudine, contro il male e le inevitabili difficoltà che vivere comporta, la dolcezza che ne segue è una propaggine appagante.

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